lunedì 25 aprile 2011

alla fine accettai...

"Alla fine accettai. Tommaso Moro, che per noi cattolici era un simbolo di libertà e di opposizione all’assolutismo di stato, divenne il mio nome di battaglia. Che cos’era, per noi che abbiamo combattuto il fascismo e il nazismo, la Resistenza? La Resistenza è stata innanzitutto una intima profonda scelta morale, compiuta dai giovani e dai non giovani. Una scelta difficile, per un impegno che si sentiva sorgere dal profondo della coscienza: una scelta fra assistere passivamente e subire gli eventi o cercare di assumersi le proprie responsabilità, coi rischi connessi, per orientare il senso della storia, delle vicende storiche che stavamo vivendo, per l’affermazione di alcuni fondamentali valori nei quali credevamo, perché radicati nella nostra coscienza. Libertà e partecipazione, giustizia e solidarietà, pace. Valori umani universali che hanno dato e danno forza morale alla politica. Aldilà delle distinzioni dei partiti che della politica sono solo strumenti. Ognuno con una sua verità e idealità parziale ma uniti al servizio di un bene veramente comune. Guerra alla guerra: fu la resistenza; ribelli per amore: furono i resistenti.

Potevamo essere dei ribelli? Era lecita la rivolta? Noi non potevamo agire né per vendetta, né per calcolo, né per odio, ma solo per giustizia e per amore. Ribelli perché non avevamo nulla da difendere, ma avevamo il dovere di segnare con la rivolta la nostra radicale separazione e avversione. Ribelli per il dovere di essere non passivi testimoni di quel fallimento, ma attori impegnati a indicare con amore la linea di una nuova più giusta, più vera, più cristiana convivenza umana. Dovevamo essere presenti per amore di quel mondo nuovo che tutti sognavamo a cui ognuno offriva tutto se stesso perché portasse il segno della propria fede e della propria idea”.

Con queste parole Benigno Zaccagnini descrive la Resistenza come “rivolta dello spirito”, come guerra di liberazione e come mobilitazione civile contro l’occupazione del Paese, come impegno personale in vista della creazione di una nuova società. Un periodo storico in cui il popolo si è sentito protagonista della storia, e i “ribelli” hanno affrontato con generosità la dura prova. A
nche oggi c'è bisogno di una nuova resistenza, culturale e morale, come alternativa ad un silenzio ipocrita e ad una passiva accettazione dei processi in atto (
Damiano Zoffoli)
Se non altro per proteggere quei brandelli di dignità che una generazione precaria e schiacciata sembra aver lasciato per strada... Come scrive il grande Zac: per giustizia e per amore!

5 commenti:

  1. e poi c'è qualcuno che si mette pure a fare paragoni fra gli statisti di allora e questo governicchio da avanspettacolo...

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  2. qualche volta penso proprio che ci sia bisogno di una grande rivoluzione, forse prima culturale.
    Poi leggo i giornali e perdo puntualmente la speranza.

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  3. Ha fatto lo stesso effetto a me Sandra.

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  4. Per un Paese che ancora non riesce con serenità a parlare di questo tema, senza incorrere in strumentalizzazioni o giochini di parte, le parole che hai riportato di Zaccagnini sono un balsamo.
    Peccato che si continui questo sciocco teatrino del gioco delle parti.

    "Ribelli per il dovere di essere non passivi testimoni di quel fallimento, ma attori impegnati a indicare con amore la linea di una nuova più giusta, più vera, più cristiana convivenza umana. Dovevamo essere presenti per amore di quel mondo nuovo che tutti sognavamo a cui ognuno offriva tutto se stesso perché portasse il segno della propria fede e della propria idea"

    Come si fa a non cogliere il parallelismo con i tempi che viviamo?

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