Non so voi, ma per me, dopo aver trascorso centinaia di giorni immersi in un pantano immobile, queste ultime ore vanno troppo veloci. Decisamente troppo veloci. Intendiamoci, non che non mi augurassi che Berlusconi avesse un rigurgito di dignità e mollasse in fretta la spugna, ma mi aspettavo che, alle strette, avrebbe concesso il passo ad un Gianni Letta qualsiasi, trattando la resa. Invece, in linea col suo senso dello Stato piccolo piccolo, ha trascinato il Paese sull'orlo del commissariamento, fino a consumare in aula uno dei voti più inutili della storia Repubblicana, sotto gli occhi attenti di mezza Europa che conta. Decisamente troppo, per me, vedere la chioma bionda della ginnasta Carlucci ondeggiare fra i banchi dell'Udc, un partito votato alla decantazione. Le stesse telecamere che lo avevano imposto agli italiani, ieri lo hanno spogliato di tutto il potere, ingrate lo hanno inquadrato teso e confuso annaspare tra i numeri e sibilare ai traditori. Brutta scena per un'Italia sull'orlo di una crisi di nervi. Da lì in poi il tempo ha preso a correre. Mi ha colpito la fine capacità ed al tempo stesso la spregiudicatezza di Napolitano, gagliardo e pronto a segnare subito i confini del campo, perchè nessuno uscisse fuori dalle righe. Ed ora al galoppo, nella confusione che sa generare una fine a scadenza annunciata. Voi che fareste se aveste solo una cinquantina di ore da Presidente del Consiglio? Meglio non chiedercelo, andremmo troppo lontano... Stiamo al galoppo che ci porta dritti dritti a delineare un "governo tecnico". Continuo a pensare che proprio in questi momenti ci sia bisogno di più Politica (quella vero, però); troppo legata la nostra economia globale per permettere agli speculatori di giocare a turno sui Paesi che vanno in difficoltà: se Sparta piange, Atene non ride (infatti ieri sera Wall Street ha chiuso con un deficit di 3 punti percentuale, che paragonato alla borsetta di Milano sarebbe semplicemente incalcolabile). La differenza, semmai, è che gli altri cercano di intervenire: noi siamo fermi da mesi e ci siamo affidati ad inutili interventi spot, senza mai affrontare seriamente il tema del debito pubblico e delle riforme strutturali. Certo, se ripenso che quando Prodi cadde lo spread era al 39% ed oggi veleggia sui 500 e rotti...Ma voglio cercare di stare al tema: governo tecnico a guida Mario Monti, fresco di nomina a senatore a vita. Ho scacciato quella brutta vocina che mi parlava di lesa sovranità popolare e che cercava di convincermi che così non va, che non possono essere i mercati ed i grandi speculatori internazionali a determinare i governi negli Stati, che i nostri padri ci hanno insegnato che è il popolo che sceglie... ma poi mi è venuto in mente che, in fondo, è già da un pezzo che funziona così. Quando penso alla nostra città ed alle multinazionali che, con una riunione dall'altro capo del mondo, possono farti saltare in aria, l'immagine mi è assolutamente chiara. Così mi sono concentrato sul percorso che abbiamo davanti, consapevole che lo scenario di nuove elezioni sarebbe semplicemente impraticabile con la pressione speculativa che abbiamo addosso. Con calma, poi, faremo tutte le nostre valutazioni, economiche, etiche e sociali, ma adesso dobbiamo reagire...e saranno dolori. Il governo tecnico risponderà al Parlamento, non agli italiani e sarà un periodo duro, per tutti. Fare le riforme che non siamo riusciti a fare negli ultimi 20 anni in pochi mesi è una cosa che mette i brividi. Ecco perchè mi auguro che forte, fortissimo, sarà l'apporto della Politica, che monti la guardia e garantisca l'equità, che eviti sproporzioni e punti alla crescita. A patto però che ritrovi se stessa, perchè stavolta ci giochiamo proprio tutto. Ed è per questo che mi sono convinto che questa possa essere la nostra ultima opportunità per far rientrare la Politica sui binari giusti. Un Governo tecnico, a queste condizioni, mentre mette in campo tutte le misure necessarie, quelle che ci siamo impegnati per lettera ad approvare, può persino contribuire a riavviare il sistema e al contempo permetterci di uscire dal vortice del mercato delle vacche; forse addirittura riaccenderci lo sdegno verso i questuantes ed i peones alla Scilipoti: se i partiti maggiori riusciranno a trovare un briciolo di responsabilità, potranno isolare quelli che si vendono e quelli che si comprano e si potrà fare una nuova legge elettorale, definitiva, seria e moderna. Che sappia mettere insieme l'esigenza di governabilità (che in un Paese storicamente diviso a metà non è mai scontata) con la rappresentanza dei territori. In questo senso, però, non è solo Berlusconi che fa un passo indietro, lo dovranno fare anche tante prime donne nei partiti, compresi quelli che per ora se ne stanno fuori dal Parlamento. Chissà se ne saremo capaci?
giovedì 10 novembre 2011
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