"...La sera che arrivammo dormimmo finalmente in una stanza normale, dopo tante notti passate per terra, dentro una cantina o dove capitava. Dopo cena ci facemmo un giro a carte sotto il portico ornato da un bel roseto, anche se in realtà tutti e tre avevamo voglia di guardarci in faccia e di raccontarci, con gli occhi e senza parole, quello che ognuno di noi provava dopo aver compiuto un’impresa che a tutti pareva impossibile. Ma noi non sapevamo che era impossibile, e quindi ce la avevamo fatta, come scrive Mark Twain. Ci rendemmo conto che camminando si imparano tante cose. Avevamo imparato che per farcela servono mete chiare e occhi concentrati, muscoli allenati e mappe mandate a memoria, attrezzi giusti e zaino ridotto all’essenziale, umiltà quando cadi o sbagli strada e insieme sfrontatezza e tenacia nel rialzarti. Quel po’ di follia che ti spinge a desiderare una meta che appare fuori dalla portata delle persone normali, e insieme uno spiccato senso del reale per non perdersi del tutto nella follia. E che la ragione non è solo nella nostra testa e nel nostro metro, ma è un arco da tendere con tutti i fattori che abbiamo: ascoltare il proprio istinto e la fatica del fisico, l’altro e il tempo, gli animali e gli alberi, e in alcuni momenti affidarsi al buon Dio quando hai fatto tutto ciò che è umanamente possibile. Avevamo capito che la terra dove posi il passo ne sa più di te ed è diversa da ogni altra, ha un genio da esaltare, regole da rispettare, una bellezza che devi restituire ai tuoi figli… Eravamo partiti in tre, ma neanche a metà strada uno di noi se n’era tornato indietro – più per sfiducia nell’obiettivo che per scarso allenamento – ed eravamo comunque arrivati in tre. Antonio si era unito naturalmente e senza dircelo: l’avevamo conosciuto in cammino – e quindi era amico da sempre – e si era affidato a noi con una lealtà e una fiducia che si trova solo nei compagni di strada. Grazie ad Antonio – che mi salvò la pelle la notte dopo che l’avevamo incontrato, mettendo a rischio anche la sua nonostante lo conoscessi da poche ore – avevamo scoperto che ogni persona che incontri è unica: ha una storia da raccontare che profuma d’infinito e la forza sorgiva di un’idea che ha bisogno di essere libera, condivisa, estesa: è un potenziale compagno di strada, se crede nella stessa impresa. Fu quella sera che immaginammo un futuro dove le storie delle energie personali si integrano e fanno leva – come tanti piccoli ruscelli si fanno fiume che scende impetuoso a far fiorire le terre di pianura – e si mettono in cammino per trasformare gli spazi vissuti dalle persone in geografie sostenibili..."
(da "Camminando" di Carlo Befani)
bel video e soprattutto complimenti per la scelta delle musiche.
RispondiEliminaMi verrebbe voglia di seguirvi. Prima o poi...
questa cosa di riscoprire il gusto di camminare mi piace moltissimo.
RispondiEliminaMagari non mi farei l'Italia a piedi, ma qualche uscita per i monti del circondario mi tenta parecchio.
Belle foto e bello il brano di questo tuo amico.
preferisco la mountain bike, ma capisco benissimo il fascino del trekking.
RispondiEliminaC'hai ragione: i nostri territori sono splendidi. Ecco perchè rimango sempre stupito del fato che non si riesca a valorizzarli a sufficienza.
MA CHE RAZZA DI BARBONE ERI???
RispondiEliminaFortuna che te la sei tagliata, altrimenti altro che Volontario, parevi proprio un BRIGANTE!
Allora dillo che ti vuoi dare alla macchia.
Video e script suggestivi!
RispondiEliminaho cominciato a camminare pure io. Per carità, niente di "epico", ma mi sento meglio.
RispondiEliminaDalla prossima volta ci trascino anche Marco.
Se vi dovessero arrivare delle maledizioni, saranno le sue di sicuro.